Cambio di destinazione d’uso: SCOPRI la guida completa!
893
post-template-default,single,single-post,postid-893,single-format-standard,bridge-core-2.7.7,qode-page-transition-enabled,ajax_fade,page_not_loaded,,qode_grid_1300,footer_responsive_adv,qode-content-sidebar-responsive,qode-theme-ver-26.2,qode-theme-bridge,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.6.0,vc_responsive
 

Cambio di destinazione d’uso: SCOPRI la guida completa!

Condividi:

Nel campo degli investimenti immobiliari, il cambio di destinazione d’uso di un immobile può spesso rappresentare la carta vincente per consentire un aumento esponenziale del rendimento dell’investimento stesso. Questo perché, come noto, alcune categorie di immobili hanno un’appetibilità e una commerciabilità maggiore sul mercato. Nell’ ottica di un investimento immobiliare questi due fattori generano migliori prezzi di vendita e maggiori tassi di velocità di rivendita, ossia il target che ogni investitore si prefissa e che può davvero essere il Valore Aggiunto del suo investimento.

Del pari, la variazione di destinazione d’uso può essere utilizzata non solo come strumento per ottenere una rivendita migliore, ma anche per porre in essere operazioni di riqualificazione e successivo utilizzo economico di un cespite (si pensi agli ex edifici agricoli ora adibiti a strutture ricettive, o agli ex immobili industriali adibiti a ristoranti radical chic e così via).

Andando poi ad analizzare il mercato delle Aste, appare ancor più evidente la possibilità di realizzare ottime operazioni immobiliari mediante la variazione di destinazione d’uso, sia in ottica rivendita, sia in ottica riqualificazione. Questo perché gran parte degli immobili in asta (circa il 60%) deriva dalla decozione di attività imprenditoriali. Trattasi dunque prevalentemente di beni commerciali o industriali, che ben si prestano a tali operazioni. Inoltre, si consideri che negli ultimi tempi il mercato delle aste sia divenuto piuttosto inflazionato per quel che riguarda gli immobili ad uso residenziale, a causa della massiccia partecipazione di soggetti intenzionati ad acquistare in asta la prima casa, determinando un generale rialzo dei prezzi. Tali potenziali acquirenti però non hanno interesse all’acquisto di immobili business (commerciali, alberghieri, industriali, agricoli), sia per ragioni di utilizzo, sia per ragioni fiscali (non vi sono le agevolazioni prima casa). Pertanto, gli immobili rientranti in questa categoria vengono spesso aggiudicati a prezzi molto convenienti, con conseguenti grandi opportunità per gli investitori, rappresentate da rendimenti in aumento in caso di variazione di destinazione d’uso.

Tornando al nostro topic, analizziamo ora nel dettaglio l’operazione.

  1. Quadro normativo.

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile è un mutamento della destinazione urbanistica impressa dai titoli abilitativi che hanno accompagnato la realizzazione dell’immobile stesso.

La disciplina è regolata dal D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (Testo unico dell’edilizia), ed in particolare dall’art. 23-ter, in combinato disposto con l’art. 3 relativo alla definizione degli interventi edilizi ed agli artt. 6, 10, 22 e 23 relativi ai titoli abilitativi necessari per realizzare i vari interventi. Sulla materia è intervenuto l’art. 65-bis del D.L. 24/04/2017, n. 50 (convertito in legge dalla L. L. 21/06/2017, n. 96), il quale ha modificato l’art. 3 del D.P.R. 380/2001 in materia di definizione degli interventi edilizi di restauro e di risanamento conservativo, al fine di prevedere che tali interventi possono consentire anche il mutamento della destinazione d’uso.

Le destinazioni d’uso urbanistiche sono di norma contenute nelle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale (NTA del PRG), e possono pertanto variare a seconda della localizzazione dell’immobile all’interno delle singole “maglie” del PRG.

A fini urbanistici, la destinazione d’uso del fabbricato o dell’unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile.

  1. Le categorie d’uso.
    – A) Residenziale: abitazioni di qualsiasi genere e natura. Si hanno quando la prevalente superficie dell’unità sia adibita ad uso abitativo (categorie Catastali “A” ad eccezione di A10);
    – B) Industriale e Artigianale: industrie, laboratori artigiani, corrieri, magazzini ed imprese edili, laboratori di riparazione e simili, officine e carrozzerie e in genere ogni attività finalizzata alla produzione di beni o servizi, oppure alla trasformazione di beni o materiali, anche quando comprendono, nella stessa unità, spazi destinati alla commercializzazione dei beni prodotti dall’azienda (categorie Catastali “D” e C/3)
    – C) Commerciale al dettaglio: negozi di vicinato, media distribuzione, le attività commerciali di grande distribuzione, le attività commerciali all’ingrosso, i mercati, le esposizioni merceologiche e le attività di somministrazione di alimenti e bevande come ristoranti, bar, pub ecc (categorie Catastali “C”)
    – D) Turistico-ricettiva: alberghi, residenze turistico-alberghiere, campeggi ed aree di sosta, nonché le altre attività a carattere essenzialmente ricettivo, come ostelli, e le altre attività extra-alberghiere (C/5, D/2
    – E) Direzionale e di servizio: banche, assicurazioni, sedi preposte alla direzione ed organizzazione di enti e società fornitrici di servizi, centri di ricerca, uffici privati e studi professionali in genere, fiere (A/10, D/5, E/9, B/5)
    – F) Commerciale all’ingrosso e depositi (C/2, D/8);
    – G) Agricola e funzioni connesse ai sensi di legge: produzione agraria, allevamento e forestazione, attività e servizi connessi e compatibili, campi coltivati, colture floro-vivaistiche, boschi, pascoli, abitazioni rurali, annessi agricoli e serre, costruzioni per allevamenti zootecnici, agriturismi, agri-campeggi (D/10, B/8, categorie afferenti i Terreni e relative tipologie)

Va sottolineata la differenza tra destinazione d’uso urbanistica e categoria catastale: la destinazione urbanistica è la funzione che l’ordinamento urbanistico riconosce all’immobile in relazione alle sue intrinseche caratteristiche strutturali e architettoniche; mentre la categoria catastale ha prevalentemente la funzione di contribuire a quantificare la rendita catastale ai fini della tassazione. Le destinazioni d’uso catastali non hanno dunque diretto riguardo agli aspetti urbanistici, ma alla capacità dell’immobile di produrre reddito e di generare il presupposto per la tassazione di quel determinato reddito. Pertanto, l’impiego di fatto di un immobile con accatastamento diverso dal suo uso effettivo non implica, di per sé, una violazione di carattere urbanistico. Tuttavia la categoria catastale può rilevare ai fini dell’autorizzazione a svolgere o meno l’attività in locali con destinazione d’uso con essa incompatibile sulla base di normative secondarie, come ad esempio le certificazioni e autorizzazioni sanitarie note come “HACCP” (es: le attività di ristorazione al dettaglio, a tal fine, necessitano della categoria C/1,  e così via).

  1. Cambio di destinazione d’uso “rilevante” e cambio di destinazione d’uso “non rilevante” ai fini urbanistici.

L’art. 23-ter del D.P.R. 380/200 stabilisce che il cambio destinazione d’uso è urbanisticamente rilevante quando da esso discenda ogni forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originaria, con o senza opere, che comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale (da commerciale a residenziale, ad esempio). Se si resta all’interno della stessa categoria, non è un mutamento di tipo rilevante.

Ciò determina che i mutamenti della destinazione d’uso di un immobile da ritenere “urbanisticamente rilevanti” necessitano sempre di uno specifico titolo abilitativo edilizio.

Il cambio di destinazione d’uso è considerato “non rilevante” e non necessita di permessi quando avviene all’interno della stessa categoria funzionale. Tuttavia qualora questo cambio richieda delle opere murarie o impiantistiche, occorrerà comunque munirsi di SCIA o CILA, a seconda dell’intervento.

Ne consegue che il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale risulta urbanisticamente non rilevante, ed è pertanto sempre consentito, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali.

  1. Quando è consentito il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante?

Per valutare la possibilità di cambio di destinazione d’uso occorre considerare:

  • Il regolamento condominiale. Qualora l’immobile ricada in un condominio e detto regolamento vieti il cambio, il divieto – integrando una fattispecie di compressione del diritto dominicale –  è valido solo se il regolamento è di tipo contrattuale ovvero approvato con l’unanimità dei condomini.
  • Caratteristiche intrinseche dell’immobile (superfici, altezze, piano). Occorre valutare infatti che l’immobile possegga le caratteristiche intrinseche obbligatorie per legge. In particolare, a seconda del tipo di destinazione d’uso, bisognerà rispettare precise prescrizioni igienico- sanitarie. A titolo di esempio, gli ambienti residenziali devono rispettare delle superfici minime (bagno principale minimo 2,5 mq etc.) e i rapporti aeroilluminanti (cioè il rapporto tra le superfici finestrate e quelle dei locali). Attenzione: ogni Comune ha le sue regole. Ad esempio alcuni Comuni vietano la variazione di destinazione d’uso da commerciale/magazzino a residenziale per immobili al piano terra o al seminterrato, o per i c.d. “vani tecnici” posti all’ultimo piano.
  • Verificare PRG e NTA. Occorre verificare con un tecnico che lo strumento urbanistico comunale, nella maglia in cui è ubicato l’immobile, consenta di realizzare il cambio destinazione d’uso, oltre a verificare se sia concessa la variazione in determinate categorie. Lo strumento è il Piano Regolatore Generale PRG, sostituito in alcuni comuni dal Piano strutturale e Regolamento urbanistico. Le NTA (norme tecniche di attuazione) specificano cosa sia possibile fare all’interno della singola maglia.
  • Verificare che sia consentito il tipo di intervento edilizio. Gli interventi edilizi si classificano in: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione ediliziae nuova costruzione, in ordine di “pesantezza” dei permessi da ottenere. La variazione di destinazione d’uso è considerata ristrutturazione edilizia. In alcune maglie del territorio il PRG consente di effettuare solo determinati interventi. Ad esempio nei centri storici o per gli immobili sottoposti a vincoli, non è consentita l’attività di ristrutturazione edilizia (la quale necessita del permesso a costruire), fermandosi le attività consentite alla manutenzione straordinaria. Pertanto occorre verificare sia l’ubicazione dell’immobile, sia la sua natura, sia la presenza di vincoli.

 

  1. Quale documento autorizzativo?

Il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, anche se attuato con lavori di modesta entità o senza opere, si configura come una ristrutturazione edilizia che necessita il rilascio del  Permesso a costruire. Ciò in quanto, alla fine dell’intervento, l’organismo edilizio è diverso dal precedente, per caratteristiche intrinseche e funzionali. Come detto in precedenza, il cambio d’uso, qualunque sia l’entità dei lavori, porta sempre alla ristrutturazione edilizia pesante.

Viceversa, il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente non rilevante, qualora richieda delle opere murarie o impiantistiche, necessiterà una  SCIA o una CILA, a seconda dell’intervento.

In ogni caso, come già visto per il frazionamento, sarà necessario effettuare una comunicazione di variazione anche dal punto di vista catastale (aggiornamento). Tutto questo comporterà una modifica della rendita e della categoria, quindi differenti tasse da pagare.

Infine, bisognerà depositare al Comune il Certificato di agibilità, a cui andranno allegati i certificati afferenti gli impianti, che  dovranno essere conformi alle normative in vigore.

Data la complessità della materia, consigliamo a chiunque voglia effettuare un investimento immobiliare che ricomprenda una variazione di destinazione d’uso, di interpellare direttamente in sede di pianificazione un tecnico esperto. Per quanto riguarda le aste, il compito del tecnico è agevolato dalla presenza di una relazione di stima, in cui sovente sono indicate la maglia di riferimento, le prescrizioni del PRG e le NTA di riferimento. Pertanto, vi è una ulteriore convenienza ad investire in asta in operazioni di questo tipo.

Infine, attraverso la nostra rete di collaborazione con primari istituti tecnici, unita al nostro know how in merito ad Aste e investimenti immobiliari, noi della Valore Aggiunto Srl potremmo seguirti al meglio nella tua operazione d’investimento immobiliare.

Condividi: